Bentornat*.
E’ appena trascorsa la Giornata della Memoria, il 27 gennaio, ed è inevitabile e necessario citarla e inviare un messaggio all’umanità sul “non dimenticare”.
Il racconto di questo mese non parla dell’Olocausto e della Shoah ma parla pur sempre di qualcuno che non riesce a lasciarsi alle spalle il passato, il suo dolore e l’ingiustizia subìta; il suo però è un ricordo che avvelena, che fa compiere brutte azioni, che innesca una spirale infinta di odio e di vendette.
"L'umanità deve smettere di odiare, e questo inizia da ciascuno di noi."
Pinchas Gutter
Come sempre vi suggerisco alcuni consigli su cosa leggere/ascoltare/vedere.
Buona lettura!
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Verso l'inferno
Stefano guarda fuori dalla finestra mentre sorseggia il suo caffè lungo; si prospetta una lunga notte, è il trenta del mese di dicembre del 2022 ed è la data in cui la sua missione si deve compiere. Le luci delle automobili in autostrada sono strisce bianche-rosse di neon che si intersecano, creando disegni geometrici senza senso, nulla a che vedere con l’abbaglio del fuoco e lo scintillio delle lamiere che a breve illumineranno questa notte così buia.
Fuma con calma l’ultima sigaretta con la finestra aperta, aspira a pieni polmoni il fumo della Winston Blu mescolata all’aria gelida dell’esterno; più tardi sarà troppo concentrato alla guida per fumare, non potrà permettersi distrazioni, tutto deve essere calcolato al millesimo. Sorride sornione guardando quelle auto che sfrecciano e pensa: “Fortunati voi che ancora non mi avete incrociato e che non sarete sulla mia traiettoria, non immaginate nemmeno quale grazia vi stia donando il vostro Dio”.
Stefano non ci crede più in Dio, eppure ha fatto il chierichetto, si è sposato in chiesa, ha battezzato i suoi figli. Lancia uno sguardo alla foto di famiglia, o meglio a quella che era la sua famiglia prima che quel Dio, che per lui ora non esiste più, gliela portasse via.
Un’incantevole donna mora dallo sguardo profondo sorride ad un giovane aitante Stefano che avvolge con le braccia due ragazzini di dieci e cinque anni - un maschietto e una femminuccia - il maschietto moro come la mamma, con lo stesso sguardo scuro e penetrante e una bimba con gli occhi castani e i ricci rossi come il suo papà. Prende la foto e la lancia contro il frigorifero: “ARGHHHHH!!! PORCO D…!!!” La bestemmia squarcia il silenzio statico del suo condominio, la rabbia gli serra le mascelle fino a contorcersi nello stomaco.
Vorrebbe dare solo la colpa agli uomini, ma non gli basta, la sua rabbia trascende la carne, lo spazio, il tempo e qualsiasi manifestazione dell’universo, arrivando fino allo Spirito Santo. Sono tutti colpevoli, colpevoli della sua disgrazia e della sua solitudine, della fine della sua esistenza come padre, come marito, come credente, come uomo. È abbastanza carico ora, raccoglie le chiavi dell’auto ed esce.
La sua Alfa Romeo Giulietta è pronta in garage. Dopo l’incidente autostradale in cui è rimasto l’unico superstite, ha deciso di comprare una macchina nuova che potesse soddisfare le caratteristiche utili alla sua missione: totalmente nera opaca, rigorosamente silenziosa, con un potente impianto stereo, con una forte ripresa, veloce e scattante. Ci ha investito gran parte dei suoi risparmi, tanto non gliene frega niente, non ha più nessuno a cui lasciare il suo patrimonio. Accende il motore e sembra quasi di non sentirla. Accenderà lo stereo più tardi, non vuole farsi riconoscere dal vicinato e rispetta molto Aleandro, il portiere notturno del condominio, non vuole creargli problemi. Già la porta arrugginita del suo garage cigola durante l’apertura causando un rumore che in piena notte è udibile anche agli uditi meno sensibili e Aleandro non gli dice mai nulla, al di là del vetro della portineria si limita a suggerirgli di fare piano, elargendo un grande sorriso di solidarietà, forse perché a conoscenza del suo dramma familiare.
Parte con le luci accese per non destare sospetti fino a quando non arriva quasi all’imbocco dell’autostrada, in una piccola via trasversale scende dall’auto, giusto il tempo di oscurare le targhe con un pannello nero illegalmente creato da lui medesimo poi riparte. Inevitabilmente i ricordi lo travolgono insieme alle insegne verdi che indicano il percorso:
E’ il trenta dicembre del 2020.
In piena notte, quell’anno, lui e la sua amorevole famiglia si erano messi in viaggio per raggiungere i nonni in montagna per poter trascorrere il Capodanno tutti insieme.
Stavano viaggiando da quasi due ore, i piccoli già dormivano l’uno accanto all’altro nel sedile posteriore, la musica era di sottofondo per non disturbare e sua moglie, nonostante avesse promesso di fargli compagnia e di tenerlo sveglio, alternava momenti di lucidità a momenti in cui le ciondolava la testa e cadeva in una trance soporifera. Lui era pieno di entusiasmo, pronto a viversi le future sciate, le ciaspolate nella neve con i suoi bimbi, le cenette davanti al fuoco del camino accanto a sua moglie e il veglione di capodanno tutti insieme, compresi i suoi genitori ormai anziani ma sempre desiderosi di trascorrere quella settimana bianca tutti insieme.
Tutti questi luminosi presupposti sono stati spezzati da due fari. Due fari piantati diretti dietro di lui, due fari gialli sempre più vicini, implacabili, sempre più a ridosso della sua auto poi l’impatto. L’auto venne sollevata di peso e scaraventata contro il guardrail e poi solo fuoco, lamiere incandescenti, dolore, buio, silenzio. Il risveglio. La notizia della tragedia. La sua solitudine. La sua rabbia.
È stato un quarantenne ubriaco che andava a più di 180 km all'ora, li ha centrati in pieno, ma ora non gli importa più chi sia stato, ora la colpa l’avrebbero scontata tutti, tutti quanti, nessuno escluso. Si immette nella prima corsia, poi accelera e arriva in seconda corsia, qui accende lo stereo al massimo del volume. Una sola canzone è degna di essere la sua colonna sonora: “Highway to Hell” degli AC/DC. Vuole stordirsi con la musica, non arrivare a sentire quella collera che gli brucia le vene come il fuoco dell’inferno che potrebbe distrarlo e fargli fare le mosse sbagliate e rovinare tutto.
È pronto, accelera ancora e arriva a raggiungere quei 180 km all'ora, mette il cruise control per mantenere quella velocità costante e spegne tutti i fari. Ora è una scheggia impazzita in mezzo al buio. Per un lungo tratto non incontra macchine, chi si accorge di lui lo scansa all’improvviso e gli fanno gli abbaglianti, gli suonano contro, diventano tutti furiosi. Lui inizia a ridere, grosse e grasse risate isteriche che si trasformano in pianto e poi ancora in riso e poi ancora in pianto. Ci siamo quasi, la canzone arriva al suo culmine preferito, quando parte il cantato di Bon Scott:
“No stop signs/Speed limit/Nobody's gonna slow me down/Like a wheel/Gonna spin it/
Nobody's gonna mess me around/Hey satan/Payin' my dues/
Playin' in a rockin' band/Hey mumma/Look at me/I'm on the way to the promised land/
I'm on the highway to hell/Highway to hell/I'm on the highway to hell/Highway to hell/
Don't stop me”
Ed eccola lì, puntuale: dietro di lui arriva una macchina sportiva bianca, simile a quella che gli ha rovinato la vita in quel 30 dicembre 2022. Rimane in seconda corsia e la vede avvicinarsi nello specchietto retrovisore. Non appena l’auto è quasi alla sua altezza, ecco che Stefano accende i fari e con una veloce manovra invade la corsia di sorpasso per rientrare subito in seconda corsia. L’auto bianca è spiazzata dalla vista improvvisa di un altro mezzo sul suo percorso, sterza con una manovra impreparata per evitare lo schianto e si schiaccia contro il guardrail centrale. Sono scintille, fuoco e il ribaltamento del mezzo che prende fuoco. È un’esplosione di fiamme, luci, lamiere che si contorcono e pneumatici che esplodono.
Stefano caccia un urlo soddisfatto: “YEAHHHH! Giustizia è fatta!” e spegne di nuovo lo stereo, fari e luci di posizione confondendosi nel buio della notte, dileguandosi alla prima uscita utile. L’indomani tutti i TG e i giornali annunceranno: “Il pirata stradale di Capodanno ha colpito ancora!” o ancora “Quanto ancora ci impiegheranno le forze dell’ordine a fermare questo criminale?” e lui si godrà lo spettacolo da casa sua, godendosi la sua meritata vendetta.
È il 30 dicembre 2023. Gianmaria fa parte della polizia stradale ed è di pattuglia quella notte. Gli ordini dei suoi superiori sono stati perentori: non ci deve essere l’ennesimo incidente stanotte, il Pirata va preso, vivo o morto. La gente ha paura di quel mostro invisibile che da qualche anno terrorizza le strade. Lui è scaltro, non opera mai su una stessa tratta, non colpisce alla solita ora e soprattutto ha avuto sempre la fortuna di non essere a favore di telecamere e comunque è difficile il riconoscimento nel buio totale della notte.
Gianmaria però è un sopravvissuto ed ha un conto in sospeso con quel criminale. È solo grazie alla fortuna se è ancora vivo dopo l'incidente dell’anno prima, ricorda solo buio e poi una macchina che diventa reale e luminosa all’improvviso. Ma lo ha visto, ha visto quel gesto volontario di invasione della corsia, quel pazzo psicopatico lo ha visto con i suoi occhi spostarsi appositamente verso di lui, crede di averlo anche intravisto nel velocissimo istante dell’impatto, un uomo di mezza età con i capelli rossicci e un sorriso da diavolo che guardava estasiato il compiersi della fine della sua esistenza e vuole che nessun altro viva la sua esperienza.
Sarà lui a fermarlo, sarà lui a vendicare tutte le persone morte negli anni precedenti e sarà lui il giustiziere di se stesso. Quella sera è di pattuglia ed è riuscito, grazie a dei favori di sottobanco, a farsi assegnare la macchina più prestante e corazzata del parco auto della caserma. Con una scusa banale ha allontanato il collega all’autogrill per partire senza di lui, non vuole morti sulla coscienza nel caso andasse male e lui deve fare i conti da solo con questo essere immondo, un po' come tra Batman e Joker.
Viaggia ad una velocità costante di 100 km all'ora per avere tutto sotto controllo. Non spegne mai gli abbaglianti, solo così può vedere tutti i dettagli e risaltare le carrozzerie delle auto, anche quelle più scure. Vuole scovarlo come in una caccia al topo, lo troverà prima o poi. Ha un grande sesto senso che mai lo ha tradito e sente che quella è la sua serata, la serata in cui loro faranno i conti.
Dopo quasi un’ora di viaggio, eccolo lì, la vede a meno di un chilometro. È nera, senza targa, con i fari spenti. Se n’è accorto dal flebile fumo del tubo di scappamento a contatto con l’aria gelida, grazie ai suoi abbaglianti perennemente accesi. “Brutto bastardo, ora facciamo i conti!” Ingrana la marcia sportiva e pesta pesantemente il pedale dell’acceleratore. Si avvicina, si avvicina sempre più. Il suo Suv corazzato non ha eguali, è pronto allo scontro e ne uscirà vincitore. Meno tre, meno due, meno uno: lo schianto.
Di nuovo sono scintille, fuoco e il ribaltamento del mezzo che prende fuoco. È un’esplosione di fiamme e di luci, di lamiere che si contorcono e di pneumatici che esplodono. Il Suv di Gianmaria è sfondato sul cofano ma riesce a tenere la strada senza ribaltarsi, dopo un lungo strisciare contro il guardrail si arresta. L’auto nera è come un riccio nero a pancia in su, di traverso tra la seconda e la terza corsia, completamente sventrata e avvolta dalle fiamme. Vede un uomo privo di sensi avvolto da un manto di fuoco all’interno dell’abitacolo ribaltato, gli sembra quasi di intravederne la chioma rossiccia. Vendetta è fatta.
Nella danza eterna della vendetta, nell'oscura coreografia del rancore, ogni vendetta si trasforma in un'eco malinconica, plasmando una spirale infinita di retribuzioni implacabili.
-Verbale dell’assemblea di condominio-
Rumori Molesti =
—> Musica '“a bomba” dal primo piano, appartamento:
“"The Night We Met" - Lord Huron
Una canzone che esplora i rimpianti e il desiderio di tornare indietro nel tempo per cambiare il passato. Ha fatto parte della colonna sonora della serie Tv “Tredici”(13 Reasons Why, reso graficamente TH1RTEEN R3ASONS WHY).
Nella cassetta della posta=
L’indirizzo di questo luogo che è assolutamente da visitare almeno una volta nella vita, sopratutto se siete milanesi o cittadini lombardi.
Memoriale della Shoah: Piazza Edmond J. Safra n. 1, 20125 Milano
Pagina Instagram
Locale pattumiere =
—> Qualcosa per cui vale la pena vivere/ da non buttare:
la memoria.
"L'Olocausto era un periodo di grande oscurità, ma è importante che non dimentichiamo, affinché la luce possa brillare nei nostri cuori."
David Tuck
—> Nel bidone della carta:
“Sopravvissuta ad Auschwitz” - Liliana Segre/Emanuela Zuccalà
”Abitare, per un anno, nella città artificiale del male assoluto. Lavorare, da adolescente, a un minuto ingranaggio della sterminata fabbrica della morte. Portare inciso sul braccio sinistro, ancora dopo sessant'anni, il numero-simbolo della malvagità umana ed essere qui a raccontarlo. Esprimendo, contemporaneamente, un inesauribile amore per la vita. La storia di Liliana Segre sorprende, indigna e riconcilia. Bambina ad Auschwitz nel 1944, deportata perché ebrea, oggi è una delle ultime testimoni della Shoah, fra le poche a riuscire ancora a rivivere davanti a una platea - in genere di giovani e di studenti - una simile tragedia personale e collettiva. Un tessuto di coincidenze ed eventi quasi romanzeschi l'ha condotta indenne - nello spirito, oltre che nel corpo - fuori dai cancelli del campo di sterminio. Liliana Segre è testimone pubblica della Shoah dal 1990: in questo libro, per la prima volta, racconta se stessa in profondità, le ragioni più intime che l'hanno spinta a condividere il suo dramma privato, l'assurdo ritorno alla vita dopo il viaggio nella città della morte che doveva essere di sola andata. Ma a parlare sono anche i ragazzi che l'hanno ascoltata, in un'antologia di lettere e bigliettini scritti di getto e consegnati alla nonna che è stata tredicenne ad Auschwitz.”
Oggi mi viene spontaneo ammonire i miei nipoti: "Non dite mai non ce la faccio più quando siete stanchi di studiare o di qualsiasi altra cosa, perché non è vero". Il corpo umano e la mente sono talmente forti e straordinari da riuscire a compiere autentici miracoli; la vita è un bene così meraviglioso e irripetibile da spingerci a fare qualsiasi cosa pur di conservarlo.
Sopravvissuta ad Auschwitz - Liliana Segre/Emanuela Zuccalà
L’ascensore della gratitudine =
—> Grazie a:
Un grazie sentito a coloro che credono nella gentilezza, che scelgono di navigare attraverso la complessità della vita con un cuore aperto. In un mondo spesso afflitto da discordie e conflitti, è un atto rivoluzionario preferire l'amore all'odio, la compassione all'indifferenza.
La gentilezza è come un raggio di luce che squarcia le nuvole dell'oscurità, un gesto che può cambiare il corso di una giornata, o persino di una vita intera. In un mare di sfide, è la gentilezza che può fungere da bussola, guidandoci verso un cammino di comprensione reciproca.
Preferire l'amore all'odio è un impegno per una connessione più profonda, per superare le barriere che separano le persone. È un riconoscimento del potere trasformativo dell'amore, che può guarire ferite, costruire ponti e rendere il mondo un luogo migliore.
Quindi, un caloroso ringraziamento a tutti coloro che, con il loro impegno per la gentilezza e l'amore, contribuiscono a plasmare un mondo più luminoso e accogliente. Che ognuno di noi possa trovare ispirazione in queste azioni e, a sua volta, diffondere gentilezza e amore nel proprio percorso.
""Non dimenticare mai che la cosa più potente
sulla terra è l'amore e la gentilezza."
Gena Turgel
Messaggi in bacheca=
Dicono che l’odio
sia soltanto una parola.
Soltanto una parola
sulla quale il sangue ha fatto coagulo.
Estratto della poesia "Olocausto" di Charles Reznikoff
Comunicazioni dall’Amministratore Condominiale
Se volete approfondire, fare domande, se avete richieste, se c’è qualche argomento che vorreste trattare nel condominio o qualche personaggio che vorreste conoscere o conoscere meglio, se c’è qualcosa che vi incuriosisce e ne volete parlare con me, sarebbe di grande aiuto, spesso non è facile trovare argomenti interessanti o che abbiano un filo comune, quindi bando alle ciance:
oppure potete contattarmi privatamente alla mail: criseffe@substack.com